CHIESA SANTA MARIA IN VALLE PORCLANETA In Abruzzo, nella regione Marsicana, in, fondo ad una valle solitaria che si adagia alle pendici del Monte Velino nella conca del lago Fucino giace una piccola chiesa che, sfidando il tempo, conserva miracolosamente la sua struttura e la suppellettile interna di eccezionale fattura. Tale piccola chiesa è quel che rimane di una badia benedettina costruita circa verso la metà del secolo XI, successivamente abbandonata dai monaci e di cui oggi non rimane traccia. Essa conserva ancor oggi il suo nome antico: Santa Maria in Valle Porclaneta, dal nome della valle " Porclaneta "in cui fu fondata. Alla chiesa si perviene abbandonando la via Cicolana da Magliano dei Marsi, fino a Rosciolo e poi percorrendo per circa due chilometri una mulattiera, a stento carrabile, che si inoltra nella campagna fin sotto alle falde del Monte Velino. Rosciolo fu terra del Contado di Alba e di Tagliacozzo; di questa località ci ha lasciato memoria l'Antinori nelle sue schede manoscritte. Le notizie più antiche del Monastero di Santa Maria in Valle Porclaneta le abbiamo dal cronista Cassinese: " Berardus etiam Comes filius Berardi Marsorum Comitis eo tempore obtulit R. Benedicto Monasterium S. Mariae in valle Porclanesi, et castellum Roscolum cum pertinentijs suis " (An. 1084) . Agostino Lubin lasciò scritto di questa chiesa: " Abbatia seu Monasterium titulo S. Maríae in Valle Porclanetí, quod Berardus Comes filius Berardi Marsorum Comitis circa annum 1080 obtulit Casinensi Coenobio, ut refertur in Chronico Casinensi` lib 3, cap.61, unde colligitur situm fuisse apud Marsos" e ciò che l'abbazia nel 1808 fu oggetto di donazione a Montecassino da parte di Berardo, conte dei Marsi. Prima di questa offerta si hanno notizie del Monastero in epoca anteriore e cioè quando il Conte Berardo " per redenzione, dell'aníma sua e dei suoí congiunti " donò il Castello di Rosciolo con le sue pertinenze al Monastero di S. Maria edificato nella Valle Porcanete . La Carta dell'offerta di Berardo consegnata all'Abate del Monastero, Giovanni, porta la data del 1048. In una sua dissertazione G. Dragonetti nel ricercare le prove della fondazione del Monastero da parte dei Conte Berardo, oltre ad altre ragioni, tra cui quella che solo il fondatore poteva esercitare sul Monastero " quella potestà, che a' soli Fondatori si conveniva ", adduce a riprova le parole dello stesso Conte Berardo " ad ipsum Monasterium Sanctae Dei Genitricis, o Virginis Mariae, quae constructa est in loco ubi Valle Porcaneci vocatur " ; ed aggiunge che le parole " quae constructa est " dimostrano la recente fondazione fatta dal Conte, essendo stato sufficiente, per citare soltanto il luogo dove era posto il Monastero, dire " quod situm est ". Pochi anni dopo averlo dotato, il Conte Berardo offrì il Monastero a Desiderio, Abate di Montecassino. Il Monastero rimase per lungo tempo sotto la giurisdizione dell'Abbazia Cassinese: venne a questa confermata nel 1137 da Lotario e nel 1911 dall'imperatore Enrico VI insieme con molti altri monasteri. In tale ultimo anno fu compilato il registro delle rendite: tutti i terreni erano stati distribuiti in 39 feudí, oltre ad altri 25 pezzi coltivati. Nei secoli posteriori il monastero fu distrutto. Ma di tale distruzione non si ha alcuna precisa notizia. Il Dragonetti avanza l'ipotesi che essa avvenne nella guerra combattuta nei Campi Palentini tra Corradino di Svevia e Carlo I d'Angiò nel 1268, deducendolo dalle lettere che Carlo I scrisse dai Campi Palentini a Clemente IV dopo la vittoria ivi riportata: da queste lettere appare come l'esercito tedesco si aggirasse nelle vicinanze della Valle Porclaneta, onde si può dedurre che in quella occasione il Monastero ivi esistente rimanesse danneggiato dagli eventi bellici, così come, nella medesima guerra, furono distrutte le Ville di S. Martino, di S. Barnaba e di Villa Maggiore e molte altre che si trovavano nelle vicinanze della Valle Porclaneta. Delle rovine del monastero, di cui G. Dragonetti nell'opera citata dice " ed ancor oggi (1765) in quella deserta Valle se ne ammiran le vestigia ", non rimane oggi alcuna traccia, ad eccezione della Chiesa. Ai tempi di Re Roberto (nominato nel 1342), il Cenobio era sotto la giurisdizione regia: sembra che sin da questo tempo i ,monaci l'avessero abbandonato e che la Chiesa fosse stata data in Commenda a qualche Abate di S. Salvatore Maggiore. In virtù dei suoi diritti, Re Roberto, nel 1342, presentò al Vescovo dei Marsi come nuovo Rettore della Chiesa, Ludovico da S. Liceto, allorché l'allora Rettore Orso degli Orsini, deposto l'abito clericale, passò allo stato laico, con le seguenti parole: " Nos, quibus ex causa legitima jus in eandem Ecclesiam S. Mariae de Valle competit Patronatus, Lodoycurn de Sancto Liceto familiarem et fidelem nostrum in ipsius Ecelesiae Rectorem harum serie presentamus ". In questo tempo la Chiesa era sotto la giurisdizione del Vescovo dei Marsi, come si rileva da una bolla di Innocenzo VI del 1353, con la quale egli conferi la Chiesa al Cardinale Rinaldo Orsini. Nel 1484 la chiesa era ancora di regia dipendenza come risulta da una lettera del Re Ferdinando del 1484 in cui egli dice che la prepositura della chiesa apparteneva all'Abate Pietro Dogna, suo regìo Cappellano e Cantore. Da questo tempo la Chiesa fu in contestazione tra i Vescovi dei Marsi e gli Abati di Farfa, come risulta da diverse Bolle conservate nell'Archivio Rotale in Vaticano e nella Cancelleria Vescovile dei Marsi, emesse dall'una e dall'altra parte (quelle degli Abatì Farfensi portano la data degli anni 1514, 1520, 1540, 1574, 1584, 1713). In una carta delle Diocesi dei Marsi-dell'anno 1735 di Giuseppe Baronio, si vede che la zona ove è sìtuata la Chiesa appartiene, a quell'epoca, alla Diocesi di Farfa. Per molto tempo la chiesa, benché di regio padronato, fu posseduta dalla famiglia Colonna, la quale, avendo ricevuto in feudo Alba con il castello dì Rosciolo, usurpò per molti anni il diritto sulla Chiesa, successivamente rivendicato dalla Corona; in tale occasione appunto fu scritta dal Dragonetti la " Difesa del Regio Padronato ", più volte citata. Queste notizie sparse ho raccolto qua e là. Quasi tutte le antiche memorie riguardanti la fondazione, le rendite e le nomine di questo Cenobio, che, pare, una volta fossero conservate nell'archivio dell'Abbazia, furono, al tempo in cui il Cardinale Latino Orsini era Abate Comendatario di Farfa, unite in un volume chiamato " Censuale debìtorum et feudorum Sanctae Marìae de Valle ": ma questo libro, già nel 1765. era andato disperso. Da quest'epoca il Cenobio decadde. Oggi non resta che la Chiesa, dichiarata monumento nazionale, per l'alto valore del suo contenuto artistico e per lo splendore che faceva scrivere a Muzio Phoebonio: " Monasterium illud S. Mariae (cìoè della Valle Prclanete dal Conte Berardo offerto a Montecassino, come aveva poco innanzi accennato) in estremo perangustae Vallis pene solo cessit; templum autem magnifucum et peramplum, perpolitis lapidibus contextum, tribus fornicibus quadratis columnis suffultis, ab injura temporis illaesum permanet, illisque major ara quator columnis sapulcrum mirae artis variisque figuris excavatum substentatur; praesbiterium Ecclesia tabulis sacris immaginibus penniculo ad vivum expressis ornatur".